Il contesto professionale odierno è caratterizzato da uno sviluppo costante di nuove tecnologie e le competenze tecniche, seppur fondamentali, non sono più le uniche risorse sulle quali possiamo fare affidamento per rimanere al passo e distinguerci in un mare di concorrenza sempre più dilagante ed aggressiva.
La progressiva accelerazione che sta introducendo innovazioni quali l’intelligenza artificiale o i sistemi di gestione avanzata richiede una preparazione capace di guardare oltre la sola acquisizione delle conoscenze relative al funzionamento pratico di applicazioni o strumenti; una preparazione che punti all’orizzonte successivo e, seguendo un percorso di crescita individuale e collettiva, ci consenta di dar vita ad un ambiente lavorativo sereno e produttivo, in cui esprimere il nostro pieno potenziale.
Conditio sine qua non, per conquistare tale traguardo, è la propensione al cambiamento, la capacità di comprendere quanto sia fondamentale sviluppare e potenziare le soft skill, quelle abilità che fanno parte dell’Intelligenza Emotiva e, in quanto “doti naturali”, sono diversamente presenti in ognuno di noi.
Proprio per le loro unicità, esse assumono tono di assoluta rilevanza nelle dinamiche lavorative moderne, in ambienti digitali e interconnessi nei quali la propensione al dinamismo e una capacità di pensiero flessibile, rapido e costruttivo sono inestimabili valori aggiunti, anzi, necessari.
Comunicazione, leadership, pensiero critico, atteggiamento positivo, gestione di emozioni e relazioni… sono tutte implementabili, ma non sono le sole di cui dobbiamo tener conto nel selezionare il miglior team possibile per il raggiungimento di un determinato obiettivo: di pari passo, è altresì fondamentale potenziare le competenze cognitive, ovvero quei processi mentali legati a percezione, memoria e creatività grazie ai quali assumiamo, elaboriamo e gestiamo le informazioni.
Attenzione, capacità di apprendere e immagazzinare, di accedere alle passate esperienze e ri-elaborare, di dedurre, organizzare e confrontarsi, etc… esse sono inscindibilmente vincolate e vincolanti allo – e dallo – sviluppo delle loro “sorelle” di prima.
Competenze soft e cognitive, quindi, devono “co-essere” poiché più completa sarà la simbiosi, superiori si dimostreranno i risultati nell’affrontare le sfide e nel risolvere celermente anche i problemi più complessi, oltre che nell’adottare e integrare le innovazioni tecnologiche e garantire che i processi aziendali si svolgano in modo efficente, fluido… e che sfocino in risultati tangibili.
Ecco dove il mental coach gioca un ruolo cruciale nel supportare i professionisti: prendere consapevolezza di emozioni e sensazioni, gestire lo stress, ricercare e mantenere un equilibrio tra benessere e prestazioni lavorative, sviluppare una forma mentis resiliente, duttile e motivata, contraria all’immobilismo, adattativa e propensa all’apprendimento.
Per sostenere tale cambiamento – evitando che i nostri sforzi si rivelino inutili finendo per crollarci addosso – la chiave di volta sta in un approccio che integri tutto ciò e che poggi sulle solide fondamenta di una chiara e onesta visione della propria realtà.
Già… ma lo sappiamo tutti che l’autoanalisi non è un’impresa facile: strumenti, metodi, risorse, persone, ogni singolo aspetto deve essere preso in considerazione e, volenti o nolenti, capita che qualcosa si perda per strada.
Investire nello sviluppo e nel potenziamento di tali capacità – al giorno d’oggi come in prospettiva futura – è l’unico modo per mettersi sopravento e girare la boa davanti a tutti, imponendosi sul mercato e lasciando gli altri impantanati nella bonaccia dell’immobilismo, ma per farlo è necessario affidarsi ad una consulenza esterna mirata e realizzata in seguito ad un’accurata analisi sulla quale non gravino orgoglio o mezze verità, che, unitamente ad un percorso di formazione continua, tracci la rotta giusta per noi, verso il nostro successo.